Le parole sono importanti. E il modo in cui si usano influenza le azioni, le prospettive e i risultati. Vediamo come il reiterare abitudini malsane o non più efficaci possa portare a un pericoloso immobilismo e a condizionare negativamente il futuro dell’hotellerie.
Le parole sono importanti, abbiamo detto. E mai come nelle procedure lavorative i mantra possono portare, come una profezia autodeterminante, al successo o all’insuccesso di un progetto. Ecco, abbiamo sempre fatto così è uno di questi. La coperta di Linus, la comfort zone per antonomasia. L’espressione che più spesso chi si occupa di innovazione – da tutti i punti di vista – si sente ripetere nel mondo dell’ospitalità e non solo.
Fino a qui, tutto bene. Basta che funzioni. Il problema sopraggiunge quando questa espressione rappresenta soltanto uno schermo che vorrebbe proteggere l’albergatore dalla paura di cambiare. Un cambiamento che si trova spinto da due forze opposte: l’evidenza della necessità contro il conservatorismo. Vediamo quand’è che questa semplice frase può arrivare a rappresentare davvero un problema.
Nel passaggio generazionale
Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima. Albergatori padri, albergatori figli. La situazione tipica è quella della generazione precedente che vorrebbe/dovrebbe passare il testimone a quella successiva, rimanendo però aggrappata a un modo di lavorare dal quale fa fatica a staccarsi. Un modo di lavorare che però, per quanto abbia funzionato in passato, non è più adatto alle nuove esigenze degli ospiti. E così ci troviamo di fronte a padri che vorrebbero essere aiutati dai figli i quali, a loro volta, scalpitano per prendere in mano le redini dell’azienda di famiglia ma non vengono mai lasciati liberi di apportare cambiamenti. Perché questo attaccamento al passato? Perché questa resistenza al cambiamento? Non è difficile dare una risposta.
I padri, in Italia, hanno sì fatto la storia dell’ospitalità ma – inutile negarlo – in un momento storico ed economico molto più fiorente. Quando per essere albergatore non era necessario avere tutte le competenze che si hanno oggi. Diverse situazioni fiscali, poche necessità di promozione, assenza del digitale, ospiti affezionati. Oggi chi ha gestito un hotel nei decenni passati si trova nella condizione, sì, di comprendere le nuove istanze del settore ma, allo stesso tempo, conserva – o vuole conservare – l’intima convinzione che il suo modus operandi possa essere applicabile anche al presente e, perché no, anche al futuro. Così i passaggi di consegne restano in stand-by, i figli nel limbo e i sogni nel cassetto. Perché, d’altronde, abbiamo sempre fatto così.
Nella presunzione di sapere cosa vogliono gli ospiti
In questo continuo muro di gomma dell’Abbiamo sempre fatto così così rientra anche l’arroganza di voler interpretare i desideri dei clienti e di volerli credere perfettamente soddisfatti della proposta offerta.
I miei clienti non accetterebbero mai una modifica nelle politiche di prezzo!
Come se non fossero abituati a viaggiare con le compagnie aeree e a prenotare in base alle variazioni di prezzo.
I miei clienti non sono sui social!
Ah no? Li hai controllati uno per uno? Allora non hai una clientela, hai una riserva di Panda.
I miei clienti vogliono la pensione completa!
Hai mai provato a offrirgli delle alternative, magari più allettanti per loro e più convenienti per te? Sei sicuro che non dipenda dal fatto che gli offri soltanto questa soluzione? Sei sicuro che non facciano mai viaggi e non accettino altre proposte?
I miei clienti sono solo famiglie e gruppi!
Vedi sopra. Non sarà che, da sempre, ti proponi soltanto alle famiglie e ai gruppi?
I miei clienti non leggono le recensioni, il mio hotel funziona con il passaparola!
E perché, le recensioni cosa sono se non un passaparola amplificato?
I miei clienti preferiscono telefonarmi, non mi serve un booking engine!
A parte che una soluzione non esclude assolutamente l’altra, ma hai mai pensato che la maggior parte dei turisti prenota attraverso Booking.com che, guarda caso, non è che un sistema di prenotazione online?
Alla fine quello che più colpisce è proprio questa predizione autoreferenziale che esclude a priori la possibilità di attrarre una nuova clientela. O di migliorare l’esperienza degli ospiti abituali. Perché, appunto, Abbiamo sempre fatto così.
Nell’innovazione tecnologica
“Ma se abbiamo sempre fatto così, perché adesso dovrei mettermi a studiare nuovi software, nuovi sistemi, nuove procedure?”
“Perché dovrei rinnovarmi, magari cambiare nome, mettere i tablet in camera, introdurre il self check-in? e cambiare le policy di prezzo?”
“Perché dovrei promuovermi su Google o sui Social, quando i miei clienti mi conoscono già? Io non ne ho bisogno”.
E così, di anno in anno, la nostra proposta alberghiera resta sempre più indietro rispetto ai trend internazionali. Ed è desolante constatare come, per convincersi ad apportare alcune innovazioni di cui si parla da anni, ci sia stato bisogno di imposizioni o necessità stringenti dovute a una pandemia. Tutta colpa di un Abbiamo sempre fatto così.
Se hai bisogno di aiuto sull’ottimizzazione della tua strategia commerciale e digitale, contattami pure senza impegno per una valutazione delle potenziali azioni e priorità da implementare.
*Fonte: Rivista Well Hospitality Trend
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